Tutta colpa di Basaglia è una serie in sette episodi sull’avventura collettiva che alla fine degli Anni 70 portò alla chiusura dei manicomi in Italia, e su cosa è rimasto di una rivoluzione – tra medicina, scienza, politica e filosofia – che tuttora viene messa in discussione. Iscriviti alla serie e dall’8 marzo, ogni venerdì, ascolta il racconto di Ludovica Jona ed Elisa Storace, una bio-inchiesta tra la storia e l’attualità.

Tutti gli episodi

1. «E mi no firmo!»

Camicie di forza, catene, lobotomie. Non più tardi di cinquant’anni fa questi erano i metodi terapeutici ai quali venivano sottoposti i malati psichiatrici. Curarli era considerato impossibile; pensare che la società potesse accettarli, altrettanto. L’unica soluzione era l’internamento, perché non nuocessero e non dessero “pubblico scandalo”.

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2. «E tu slegalo subito»

La contenzione meccanica, cioè l’atto di legare i pazienti ai letti, riporta alla mente l’orrore dei vecchi manicomi. In realtà, è tutt’altro che superata: solo una ventina dei 318 reparti psichiatrici attivi in Italia dichiarano di non legare; gli altri, ancora oggi, legano.

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3. L’impossibile diventa possibile

La rivoluzione ha tempi lunghi e protagonisti inattesi. Dopo l’esperienza di Gorizia, è un assessore provinciale ai Trasporti, Mario Tommasini, a chiamare Franco Basaglia alla direzione dell’ospedale psichiatrico di Colorno. Quel piccolo Comune in provincia di Parma, già al centro di una battaglia storica del ‘68 con l’occupazione del manicomio..

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4. C’era una volta un cavallo blu

Trieste fu l’epicentro del terremoto che cambiò per sempre il volto della psichiatria. Un processo comunque lungo e non senza resistenze, che iniziò nel 1971 con la decisione di un giovane presidente della Provincia, Michele Zanetti, di chiamare Franco Basaglia a dirigere il manicomio..

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5. Gli imprenditori della follia

Franco Basaglia, come al solito, aveva visto lontano. Nel 1979, dopo aver contribuito a far chiudere i manicomi, coniò la definizione di “imprenditori della follia”, quando disse che certe cliniche vivono sui matti: «Più matti, più soldi». Oggi le residenze psichiatriche convenzionate assorbono più della metà..

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1. «E mi no firmo!»

Camicie di forza, catene, lobotomie. Non più tardi di cinquant’anni fa questi erano i metodi terapeutici ai quali venivano sottoposti i malati psichiatrici. Curarli era considerato impossibile; pensare che la società potesse accettarli, altrettanto. L’unica soluzione era l’internamento, perché non nuocessero e non dessero “pubblico scandalo”.

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2. «E tu slegalo subito»

La contenzione meccanica, cioè l’atto di legare i pazienti ai letti, riporta alla mente l’orrore dei vecchi manicomi. In realtà, è tutt’altro che superata: solo una ventina dei 318 reparti psichiatrici attivi in Italia dichiarano di non legare; gli altri, ancora oggi, legano.

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3. L’impossibile diventa possibile

La rivoluzione ha tempi lunghi e protagonisti inattesi. Dopo l’esperienza di Gorizia, è un assessore provinciale ai Trasporti, Mario Tommasini, a chiamare Franco Basaglia alla direzione dell’ospedale psichiatrico di Colorno. Quel piccolo Comune in provincia di Parma, già al centro di una battaglia storica del ‘68 con l’occupazione del manicomio..

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4. C’era una volta un cavallo blu

Trieste fu l’epicentro del terremoto che cambiò per sempre il volto della psichiatria. Un processo comunque lungo e non senza resistenze, che iniziò nel 1971 con la decisione di un giovane presidente della Provincia, Michele Zanetti, di chiamare Franco Basaglia a dirigere il manicomio..

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5. Gli imprenditori della follia

Franco Basaglia, come al solito, aveva visto lontano. Nel 1979, dopo aver contribuito a far chiudere i manicomi, coniò la definizione di “imprenditori della follia”, quando disse che certe cliniche vivono sui matti: «Più matti, più soldi». Oggi le residenze psichiatriche convenzionate assorbono più della metà..

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