Molti teatri, come i cinema, i musei e altri luoghi della cultura, hanno riaperto, ma sono ancora alle prese con le conseguenze del lockdown. Quasi metà dei cartelloni della scorsa stagione sono stati fagocitati dall’emergenza; le rassegne estive stanno ripartendo, ma per un numero di spettatori esiguo e ancora diffidente. Gli esercenti, le compagnie e tutto l’indotto sono vicini al crac economico, ed è molto difficile immaginare cosa accadrà nei prossimi mesi.
Come cambierà il rapporto con la platea semivuota? In che modo il periodo di emergenza influirà sulla scrittura? Come si può evitare il fallimento di un intero settore: con un intervento più massiccio dello Stato oppure con un approccio imprenditoriale e privatistico?
Ne abbiamo parlato, nella terza puntata della nuova stagione di Domani, con Davide Enìa, uno degli attori e drammaturghi più originali della scena teatrale italiana (ha vinto il Premio Ubu 2019 per il miglior nuovo testo per L’abisso), molto critico sulle scarse misure prese finora per sostenere lo spettacolo. «La prima conseguenza della pandemia», dice Enìa, «è la totale perdita di progettualità».
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(Credits foto: Mario Virga)