Trieste fu l’epicentro del terremoto che cambiò per sempre il volto della psichiatria. Un processo comunque lungo e non senza resistenze, che iniziò nel 1971 con la decisione di un giovane presidente della Provincia, Michele Zanetti, di chiamare Franco Basaglia a dirigere il manicomio, e si concluse nel dicembre del ‘77 con la chiusura di quella grande istituzione sulla collina di San Giovanni dove erano internate più di mille persone e dove siamo tornati per registrare le voci di chi oggi ci vive e ci lavora. In mezzo, una serie di iniziative davvero rivoluzionarie: cooperative fondate dai pazienti, gruppi appartamento organizzati in città, i primi Centri di salute mentale aperti 24 ore al giorno. E poi concerti (da Ornette Coleman a Gino Paoli, che qui ricorda una di quelle serate “matte”), corsi di pittura, scultura, scrittura e teatro. «Vi do il Reparto P appena svuotato», disse Basaglia a teatranti e artisti.
«Venite e inventate!». E dove una volta si distribuivano neurovaccini ed elettrochoc nacque uno dei simboli di quella straordinaria esperienza collettiva: un cavallo di cartapesta alto 4 metri costruito grazie alle idee degli ex ricoverati. Le voci di ex pazienti e infermieri del manicomio di Trieste sono state registrate nell’ambito del progetto La Follia da Ricordare, realizzato dalla Sissa di Trieste, che ringraziamo. Grazie a Nico Pitrelli, direttore del Master in comunicazione della Scienza della Sissa, che le ha condotte, e a Michela Rondi, del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, che le ha conservate. Un grazie speciale a Federica Sgorbissa giornalista scientifica, che ci ha aiutato a recuperare questo materiale d’archivio. Grazie a Erika Rossi, per gli estratti dal suo documentario Trieste Racconta Basaglia; alla società di produzione Videoest, per gli estratti dal servizio realizzato da Gianfranco Rados per Tv Koper – Telecapodistria durante il Resau di Psichiatria che si è tenuto a Trieste nel 1977. E grazie al Corriere della Sera.

Tutti gli episodi

1. «E mi no firmo!»

Camicie di forza, catene, lobotomie. Non più tardi di cinquant’anni fa questi erano i metodi terapeutici ai quali venivano sottoposti i malati psichiatrici. Curarli era considerato impossibile; pensare che la società potesse accettarli, altrettanto. L’unica soluzione era l’internamento, perché non nuocessero e non dessero “pubblico scandalo”.

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2. «E tu slegalo subito»

La contenzione meccanica, cioè l’atto di legare i pazienti ai letti, riporta alla mente l’orrore dei vecchi manicomi. In realtà, è tutt’altro che superata: solo una ventina dei 318 reparti psichiatrici attivi in Italia dichiarano di non legare; gli altri, ancora oggi, legano.

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3. L’impossibile diventa possibile

La rivoluzione ha tempi lunghi e protagonisti inattesi. Dopo l’esperienza di Gorizia, è un assessore provinciale ai Trasporti, Mario Tommasini, a chiamare Franco Basaglia alla direzione dell’ospedale psichiatrico di Colorno. Quel piccolo Comune in provincia di Parma, già al centro di una battaglia storica del ‘68 con l’occupazione del manicomio..

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5. Gli imprenditori della follia

Franco Basaglia, come al solito, aveva visto lontano. Nel 1979, dopo aver contribuito a far chiudere i manicomi, coniò la definizione di “imprenditori della follia”, quando disse che certe cliniche vivono sui matti: «Più matti, più soldi». Oggi le residenze psichiatriche convenzionate assorbono più della metà..

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Tutta colpa di Basaglia. Il trailer

Tutta colpa di Basaglia è una serie in sette episodi sull’avventura collettiva che alla fine degli Anni 70 portò alla chiusura dei manicomi in Italia, e su cosa è rimasto di una rivoluzione – tra medicina, scienza, politica e filosofia – che tuttora viene messa in discussione. Iscriviti alla serie

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1. «E mi no firmo!»

Camicie di forza, catene, lobotomie. Non più tardi di cinquant’anni fa questi erano i metodi terapeutici ai quali venivano sottoposti i malati psichiatrici. Curarli era considerato impossibile; pensare che la società potesse accettarli, altrettanto. L’unica soluzione era l’internamento, perché non nuocessero e non dessero “pubblico scandalo”.

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2. «E tu slegalo subito»

La contenzione meccanica, cioè l’atto di legare i pazienti ai letti, riporta alla mente l’orrore dei vecchi manicomi. In realtà, è tutt’altro che superata: solo una ventina dei 318 reparti psichiatrici attivi in Italia dichiarano di non legare; gli altri, ancora oggi, legano.

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3. L’impossibile diventa possibile

La rivoluzione ha tempi lunghi e protagonisti inattesi. Dopo l’esperienza di Gorizia, è un assessore provinciale ai Trasporti, Mario Tommasini, a chiamare Franco Basaglia alla direzione dell’ospedale psichiatrico di Colorno. Quel piccolo Comune in provincia di Parma, già al centro di una battaglia storica del ‘68 con l’occupazione del manicomio..

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5. Gli imprenditori della follia

Franco Basaglia, come al solito, aveva visto lontano. Nel 1979, dopo aver contribuito a far chiudere i manicomi, coniò la definizione di “imprenditori della follia”, quando disse che certe cliniche vivono sui matti: «Più matti, più soldi». Oggi le residenze psichiatriche convenzionate assorbono più della metà..

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Tutta colpa di Basaglia. Il trailer

Tutta colpa di Basaglia è una serie in sette episodi sull’avventura collettiva che alla fine degli Anni 70 portò alla chiusura dei manicomi in Italia, e su cosa è rimasto di una rivoluzione – tra medicina, scienza, politica e filosofia – che tuttora viene messa in discussione. Iscriviti alla serie

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